Descrizione
Una stella è un corpo celeste che brilla di luce propria. In astronomia e astrofisica il termine designa uno sferoide luminoso di plasma che genera energia nel proprio nucleo attraverso processi di fusione nucleare. Questa energia è irradiata nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica (flusso di particelle elementari chiamato anche vento stellare) e neutrini.
La stella più vicina alla Terra è il Sole. Le altre stelle, ad eccezione di alcune supernova, sono visibili solamente durante la notte come dei puntini luminosi che appaiono tremolanti a causa degli effetti distorsivi operati dall'atmosfera terrestre.
Le stelle sono oggetti celesti dotati di una massa considerevole, compresa tra 0,08 e 150/200 volte la massa solare (M). Gli oggetti con una massa inferiore a 0,08 M sono detti nane brune, corpi a metà strada tra stelle e pianeti che non producono energia tramite la fusione nucleare. Stelle di massa superiore a 200 M invece non sembrerebbero esistere per via del limite di Eddington. Le stelle possono variare anche in dimensioni (comprese tra i pochi km delle stelle degeneri e i miliardi di km delle supergiganti e ipergiganti) e luminosità (comprese tra 10^−4 e 10^6 / 10^7 volte la luminosità solare).
Le stelle si presentano, oltre che singolarmente, anche in sistemi costituiti da due (stelle binarie) o più componenti (sistemi multipli), legate dalla forza di gravità. Un buon numero di stelle convive in associazioni o ammassi stellari (suddivisi in aperti e globulari), a loro volta raggruppati, insieme a stelle singole e nubi di gas e polveri, in addensamenti ancora più estesi, che prendono il nome di galassie. Numerose stelle possiedono inoltre uno stuolo più o meno ampio di pianeti.
Le stelle non appaiono tutte della stessa brillantezza, infatti mostrano una vastissima gamma di luminosità, ciò è dovuto principalmente a due fattori: distanza e luminosità intrinseca della stella, quest'ultima dipende dalla sua massa, dalla sua temperatura superficiale e dalla sua fase evolutiva.
Quante stelle vediamo ?
Sono circa 3000 le stelle che si dovrebbero vedere ad occhio nudo.
Ciò è possibile solo in un cielo perfettamente buio, privo di nuvole o foschia e senza la piaga dell'inquinamento atmosferico e luminoso che sporca i nostri cieli.
Da un centro cittadino molto illuminato, come Genova, è difficile vederne più di una decina in piena notte; appena si esce dal centro se ne possono vedere diverse decine; si arriva alle centinaia oppure anche migliaia di stelle se si osserva il cielo dalle campagne o sulle montagne lontano dai centri abitati.
Tutte le stelle che noi vediamo in cielo distano tra gli 8 ed i 2000 anni luce e sono le più vicine fra tutte quelle della nostra galassia che in totale ne conta circa 250 miliardi (miliardo più miliardo meno....) e di queste, le più lontane si trovano a circa 100.000 anni luce di distanza.
Classificazione
La classificazione stellare è generalmente basata sulla temperatura superficiale delle stelle, che può essere stimata mediante la legge di Wien a partire dalla loro emissione luminosa. La temperatura superficiale della stella determina il colore dell´astro nonché altre particolarità spettrali che consentono di dividerle in classi. Le classi spettrali, in ordine decrescente di temperatura sono: O B A F G K M. Le stelle di tipo O, di colore blu-azzurro, oltre ad essere le più massicce luminose e visibili da grandissime distanze, sono anche molto rare. Le stelle di tipo M, di colore rosso e molto frequenti, sono solitamente grandi appena da permettere la fusione dell´idrogeno nei loro nuclei. Esistono altre classi spettrali utilizzate per descrivere le particolarità di alcune stelle, le più comuni sono L e T, queste vengono classificate in: nane rosse (meno massicce più fredde e scure che emettono principalmente nell´infrarosso) e nane brune. Di grande importanza sono anche le classi C, R ed N, utilizzate per le stelle al carbonio, e la classe W, utilizzata per le caldissime ed evolute stelle di Wolf-Rayet.
Ogni classe spettrale è ulteriormente suddivisa in dieci sottoclassi da 0 (la più calda) a 9 (la meno calda), ad esempio il tipo A più caldo è A0, questo è molto simile al B9 che è il tipo B meno caldo. Questo sistema dipende strettamente dalla temperatura superficiale della stella, ma perde valore se si considerano le temperature più alte, infatti non sembrano esistere stelle di classe O0 ed O1. Tale classificazione è detta classificazione spettrale di Morgan-Keenan-Kellman.
Classe |
Temperatura (K) |
Colore |
Massa (M☉) |
Raggio (R☉) |
Luminosità (L☉) |
Linee di assorbimento |
Esempio |
O |
28 000 - 50 000 |
Blu-azzurro |
16 - 150 |
15 |
fino a 1 400 000 |
N, C, He e O |
10 Lacertae |
B |
9 600 - 28 000 |
Bianco azzurro |
3,1 - 16 |
7 |
20 000 |
He, H |
Regolo |
A |
7 100 - 9 600 |
Bianco |
1,7 - 3,1 |
2,1 |
80 |
H |
Altair |
F |
5 700 - 7 100 |
Bianco giallastro |
1,2 - 1,7 |
1,3 |
6 |
Metalli: Fe, Ti, Ca, Sr e Mg |
Procione |
G |
4 600 - 5 700 |
Giallo |
0,9 - 1,2 |
1,1 |
1,2 |
Ca, He, H ed altri |
Sole |
K |
3 200 - 4 600 |
Arancione |
0,4 - 0,8 |
0,9 |
0,4 |
Metalli + TiO2 |
α Centauri B |
M |
1 700 - 3 200 |
Rosso |
0,08- 0,4 |
0,4 |
0,04 |
Come sopra |
Stella di Barnard |
Le stelle possono essere anche suddivise in gruppi in base agli effetti (dipendenti dalle dimensioni spaziali dell´astro e dalla sua gravità superficiale) che la luminosità sortisce sulle linee spettrali. Questa suddivisione è identificata da numeri romani. Le classi di luminosità sono comprese tra la 0 (ipergiganti) e la VII (nane bianche) passando per la III (giganti) e la V (sequenza principale che comprende la maggior parte delle stelle tra cui il Sole). Tale classificazione è detta classificazione spettrale di Yerkes.
La classificazione di certe stelle inoltre richiede l´uso di lettere minuscole per descrivere alcune situazioni particolari rilevate nei loro spettri, ad esempio la "e" indica la presenza di linee di emissione, la "m" indica un livello straordinariamente alto di metalli e "var" indica una variabilità nel tipo spettrale.
Le nane bianche hanno una classificazione a parte, sono indicate genericamente con la lettera D (dall´inglese dwarf: nano) che, a causa della tipologia predominante delle linee riscontrate nei loro spettri, é a sua volta suddivisa in sottoclassi seguite da un numero che identifica la temperatura del corpo celeste: DA, DB, DC, DO, DZ e DQ.
Luminosità delle stelle
L'energia prodotta tramite le reazioni nucleari viene irradiata nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche e particelle, queste formano il vento stellare che è costituito da particelle provenienti dagli strati esterni della stella (protoni liberi, particelle alfa, beta e ioni di diverso tipo) e provenienti dall'interno stellare (neutrini).
La produzione di energia nel nucleo stellare è il motivo per il quale le stelle appaiono così brillanti. In ogni istante due o più nuclei atomici vengono fusi assieme a formarne uno più pesante, quindi viene liberata una grande quantità di energia tramite le radiazioni gamma. Durante l'attraversamento degli strati più esterni la radiazione gamma perde gradualmente energia trasformandosi in altre forme meno energetiche di radiazione elettromagnetica, tra cui la luce visibile.
Oltre che alle lunghezze d'onda del visibile, una stella emette radiazioni anche su altre lunghezze dello spettro elettromagnetico invisibili all'occhio umano (raggi gamma, onde radio, raggi X, ultravioletto, infrarosso e microonde).
Nota la distanza esatta di una stella dal Sistema solare, ad esempio tramite il metodo della parallasse, è possibile ricavare la luminosità della stella.
In astronomia la luminosità è definita come la quantità di luce e di altre forme di energia radiante emessa da una stella nell' unità di tempo. Essa dipende strettamente dal raggio e dalla temperatura superficiale della stella. Approssimando la stella a un corpo nero ideale, la luminosità (L) è direttamente proporzionale al raggio (R) e alla temperatura effettiva (Teff). Tali parametri, messi in relazione tra loro, danno l'equazione:
L = 4πR²σTeff^4
dove 4πR2 indica la superficie della stella (approssimata a una sfera) e σ la costante di Stefan-Boltzmann.
Sono molte, tuttavia, le stelle che non emanano un flusso energetico (vale a dire la quantità di energia irradiata per unità di superficie) uniforme attraverso la propria superficie; ad esempio Vega, che ruota molto velocemente sul proprio asse, emette un flusso maggiore ai poli che non all'equatore.
La luminosità di una stella è misurata tramite la magnitudine, distinta in apparente ed assoluta. La magnitudine apparente misura la luminosità della stella percepita dall'osservatore; essa dipende dunque dalla luminosità reale della stella, dalla sua distanza dalla Terra e dalle alterazioni provocate dall'atmosfera terrestre (seeing). La magnitudine assoluta o intrinseca è la magnitudine apparente che la stella avrebbe se si trovasse alla distanza di 10 parsec (32,6 anni luce) da Terra, ed è strettamente correlata alla luminosità reale della stella.
Entrambe le scale di magnitudine hanno un andamento logaritmico. Una variazione di magnitudine di 1 unità equivale ad una variazione di luminosità di 2,5 volte, il che significa che una stella di prima magnitudine (+1) è circa 2,5 volte più brillante di una di seconda magnitudine (+2) e, quindi, circa 100 volte più brillante di una di sesta magnitudine (+6), che è la magnitudine limite sino alla quale l'occhio umano riesce a distinguere gli oggetti celesti.
La differenza di luminosità tra due stelle è calcolata sottraendo la magnitudine della stella più brillante (mb) alla magnitudine della stella meno brillante (mf) ed utilizzando il risultato come esponente del numero 2,512
Δm = mf − mb
2,512Δm = ΔL (Differenza di luminosità)
La magnitudine apparente (m) e assoluta (M) di ciascuna stella non coincidono quasi mai, a causa della sua luminosità effettiva e della sua distanza dalla Terra. Sirio, la stella più brillante del cielo notturno, ha una magnitudine apparente di −1,44 ma una magnitudine assoluta di +1,41 e possiede una luminosità circa 23 volte quella del Sole. La nostra stella ha una magnitudine apparente di −26,7, ma la sua magnitudine assoluta è di appena +4,83. Canopo, la seconda stella più brillante del cielo notturno, ha invece una magnitudine assoluta di −5,53 ed è quasi 14 000 volte più luminosa del Sole. Nonostante Canopo sia enormemente più luminosa di Sirio, è quest'ultima ad apparire più brillante poiché è nettamente più vicina: dista infatti 8,6 anni luce dalla Terra, mentre Canopo è situata a 310 anni luce di distanza dal nostro pianeta.
La stella con la magnitudine assoluta più bassa rilevata è LBV 1806-20, con un valore di −14,2, questa stella sembra essere almeno 5 000 000 di volte più luminosa del Sole. Le stelle meno luminose conosciute si trovano nell'ammasso globulare NGC 6397, le più deboli si aggirano sulla 26a magnitudine, ma alcune arrivano persino alla 28a. Per avere un'idea della piccola luminosità di queste stelle, sarebbe come tentare di osservare dalla Terra la luce di una candelina da torta situata sulla Luna.
Magnitudine apparente
La magnitudine apparente (m) di una stella, pianeta o di un altro oggetto celeste è la misura della sua luminosità rilevabile dal punto d'osservazione. Poiché un oggetto estremamente luminoso può apparire molto debole se si trova ad una grande distanza, per superare il problema delle diverse distanze a cui si trovano gli oggetti celesti è necessario introdurre il concetto di magnitudine assoluta.
La scala con cui sono misurate le magnitudini affonda le sue radici nella pratica ellenistica di dividere le stelle visibili ad occhio nudo in sei magnitudini. Le stelle più luminose erano dette di prima magnitudine (m = +1), quelle brillanti la metà di queste erano di seconda magnitudine, e così via fino alla sesta magnitudine (m = +6), al limite della visione umana (senza un telescopio o altri aiuti ottici). Questo metodo piuttosto rozzo di indicare la luminosità delle stelle fu reso popolare da Tolomeo nel suo Almagesto, e si pensa che sia stato inventato da Ipparco. Il sistema prendeva in considerazione solo le stelle, e non considerava la Luna, il Sole o altri oggetti celesti non stellari.
Nel 1856, Pogson formalizzò il sistema definendo una stella di prima magnitudine come una stella che fosse 100 volte più luminosa di una stella di sesta magnitudine. Perciò, una stella di prima magnitudine si trova ad essere 2,512 volte più luminosa di una stella di seconda. La quinta radice di 100 (2,512) è conosciuta come rapporto di Pogson. La scala di Pogson fu fissata in origine assegnando alla stella Polare una magnitudine di 2. Gli astronomi hanno in seguito scoperto che la Polare è leggermente variabile, pertanto oggi viene usata come riferimento la stella Vega.
Il sistema moderno non è più limitato a sei magnitudini. Oggetti molto luminosi hanno magnitudini negative. Per esempio Sirio, la stella più brillante della sfera celeste, ha una magnitudine apparente posta tra -1,44 e -1,46. La scala moderna include la Luna ed il Sole. La luna, quando è piena, è di magnitudine -12, mentre il Soleraggiunge la magnitudine -26,7. Il Telescopio Spaziale Hubble e il Telescopio Keck hanno registrato stelle di magnitudine +30.
Mag. app. |
Oggetto celeste |
-26,8 |
Sole |
-12,6 |
Luna piena |
-4,4 |
Luminosità di Venere al suo massimo |
-2,8 |
Luminosità di Marte al suo massimo |
-1,5 |
Sirio, la stella più luminosa |
-0,7 |
Canopo, la seconda stella più luminosa |
+6,0 |
Le stelle più deboli osservabili ad occhio nudo |
+12,6 |
Il quasar più luminoso |
+30 |
Gli oggetti più deboli osservabili col Telescopio Spaziale Hubble |
Detta L0 la luminosità intrinseca di una sorgente, un osservatore a distanza d misura una luminosità L data da:
L = L0 / 4πd²
La misura della magnitudine viene complicata dal fatto che gli oggetti celesti non emettono radiazione monocromatica, bensì distribuita su un proprio caratteristico spettro. Per questo è importante sapere in quale regione di tale spettro stiamo osservando. Nel tempo si sono affermate tre principali bande in lunghezza d'onda: U (centrata attorno a 350 nm, nell'ultravioletto vicino), B (circa 435 nm, nel blu) e V (circa 555 nm, nel mezzo dell'intervallo di sensibilità dell'occhio umano). La banda V è stata scelta perché fornisce magnitudini molto simili a quelle viste dall'occhio umano, e quando un valore di magnitudine apparente è fornito senza altre spiegazioni, si tratta in genere di una magnitudine V, chiamata anche magnitudine visuale. La banda B è invece rappresentativa della sensibilità delle pellicole fotografiche.
Tuttavia le stelle più fredde, come le giganti rosse e le nane rosse, emettono poca energia nelle parti blu ed UV del loro spettro, e la loro luminosità viene spesso sotto-stimata nella scala UBV. In effetti, alcune stelle di tipo L e T avrebbero una magnitudine UBV superiore a 100 perché emettono pochissima luce visibile, ma sono molto più luminose nell'infrarosso. L'originario sistema UBV è stato quindi integrato con due nuovi "colori", R ed I, centrati rispettivamente a 797 e 1220 nm (sistema di Johnson-Cousin).
Una volta scelta la banda su cui osservare, bisogna anche ricordare che ogni rilevatore utilizzato per raccogliere la radiazione (pellicole, sensori CCD, fotomoltiplicatori...) ha una diversa efficienza al variare della frequenza del fotone incidente, dovremo quindi tenere conto anche di queste caratteristiche curve di risposta quando vogliamo risalire alla luminosità di un oggetto osservato.
Nella pratica il passaggio dalle magnitudini strumentali a quantità di effettivo significato astrofisico avviene attraverso il confronto con opportune stelle standard, oggetti scelti come riferimento di cui si conosce la luminosità e la distribuzione spettrale.
Magnitudine assoluta
In astronomia, la magnitudine assoluta (detta anche luminosità assoluta) è la magnitudine apparente (m) che un oggetto avrebbe se si trovasse ad una distanza dall'osservatore di 10 parsec. In sostanza è la luminosità intrinseca di un oggetto, senza tener conto delle condizioni in cui si trova l'osservatore. Più un oggetto è intrinsecamente luminoso, più la sua magnitudine assoluta è numericamente bassa.
Nel definire la magnitudine assoluta, è necessario specificare il tipo di radiazione elettromagnetica che viene misurata. Se ci si riferisce al totale dell'energia emessa, il termine corretto è magnitudine bolometrica. Mentre se si considera lo spettro del visibile si parla di magnitudine assoluta visuale.
Nell'astronomia stellare e galattica la distanza standard è di 10 parsec (circa 32,6 anni luce o 3 × 10^14 km). La magnitudine assoluta è indicata con il simbolo M. Per gli oggetti molto vasti come le galassie ci si riferisce un oggetto di pari luminosità intrinseca ma di aspetto puntiforme.
Molte stelle visibili ad occhio nudo hanno magnitudini assolute che sarebbero capaci di formare ombre da una distanza di 10 parsec. Rigel (- 6,7), Deneb (- 8,5), Naos (- 7,3), e Betelgeuse (- 5,6). Per confronto, Sirio ha una magnitudine assoluta di 1,4 e il Sole ha una magnitudine assoluta di circa 4,5. Le magnitudini assolute delle stelle in genere sono comprese tra - 10 e + 17. Proxima Centauri, una Nana rossa che è la stella più vicina alla Terra dopo il Sole, ha una magnitudine assoluta di 15,4.
Confrontando invece con le magnitudini apparenti (cioè quello che si vede osservando il cielo notturno), Sirio è - 1,4. Venere arriva a - 4,3 al suo massimo e la Luna piena è - 12. L'ultimo oggetto con una magnitudine comparabile alla magnitudine assoluta delle stelle nominate qui sopra fu una supernova apparsa circa mille anni fa, il suo residuo è la nebulosa del Granchio, M1. Gli astronomi cinesi dell'epoca riferirono di poter leggere usando la sua luce, di vedere ombre causate da essa e di poterla osservare durante il giorno.
Il diagramma H-R lega la magnitudine assoluta con la luminosità, la classificazione stellare e la temperatura superficiale.
Conosciuta la magnitudine apparente (m) è possibile calcolare la magnitudine assoluta (M) con la formula:
M = m + 5 - 5 log(base10) d
dove d è la distanza dell'oggetto espressa in parsec.
Numerose stelle hanno una magnitudine variabile nel tempo. In alcune di queste le variazioni dipendono dalla loro magnitudine assoluta, e sono quindi estremamente utili per il calcolo delle distanze: osservando il periodo di luminosità, se ne ricava la magnitudine assoluta, e confrontandola con quella apparente si può calcolarne immediatamente la distanza. Tra questi tipi di stelle, le più importanti sono le Cefeidi (così chiamate perché la prima stella di questo tipo fu scoperta nella costellazione di Cefeo).
Per pianeti, comete e asteroidi si usa una differente definizione di magnitudine assoluta, perché quella descritta sopra sarebbe così bassa da essere poco utile. Per questi oggetti, la magnitudine assoluta (H) è la magnitudine apparente che l'oggetto avrebbe se si trovasse ad 1 Unità Astronomica sia dal Sole che dalla Terra, con un angolo di fase di zero gradi (osservandolo dal centro del Sole). Questo è fisicamente impossibile, ma è conveniente dal punto di vista del calcolo.
Per una meteora, la distanza standard è un'altezza di 100 km allo zenit dell'osservatore.
Per convertire la magnitudine assoluta M in magnitudine assoluta H sottrarre 31,57.
Magnitudine limite
La magnitudine limite è la magnitudine apparente della stella più debole presente nel campo visivo dell'osservatore. Questo valore dà un'indicazione della qualità del cielo che si sta osservando.
La magnitudine limite ad occhio nudo e sotto un cielo perfettamente buio e terso è circa 6. Questo valore può diminuire a causa di luce diffusa (a causa dell'inquinamento luminoso o per la presenza della Luna prossima al plenilunio) o per la presenza di velature nuvolose. Esistono delle apposite carte celesti che permettono di valutare la magnitudine limite semplicemente contando il numero di stelle all'interno di un'area delimitata da stelle molto luminose e facilmente riconoscibili: più stelle ci sono, più profonda sarà la magnitudine limite.